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Inaugurazione Lunedì 5 novembre  2018 ore 18.00

5/11/2018 – 23/11/2018

    

A  cura di   Silvia Bordini

C’è uno straniamento sottile in questi dipinti di Liu Zi Xia . Difficile definirli e rischioso classificarli, a parte la sensazione che oggi nulla sia più concettuale di un quadro.

 

Mani intrecciate nelle varianti di poche posizioni, in riposo o forse gravate dalla pesantezza meditativa di un’attesa. Dipinte ad olio, con una definizione formale così nitida e dettagliata da richiamare, volutamente, gli esiti formali della pittura dei secoli passati; ma, soprattutto, evidenziando una passione per la bella maniera così insolita nell’orizzonte dell’arte d’oggi, da suggerire la venatura provocatoria di una ricerca alternativa alla tradizione del nuovo.

 

Le mani parlano – si dice – un linguaggio silenzioso, denso di simboli e messaggi legati alle regole di un’iconografia codificata da lungo tempo. Ma le mani che Liu propone allo sguardo non hanno la gestualità connessa alle strategie del racconto e del simbolo, sono mani femminili prive dagli attributi che solitamente indicano una posizione sociale o un’identità in riferimento a storie, miti, emozioni, rituali e leggende. Semplicemente emergono da un fondo incorporeo. Non sono parte di un ritratto ma sono esse stesse un ritratto, anzi un autoritratto, cioè presenza, tracce, ricordi di esperienze.  Sono  le mie mani, ha detto infatti Liu Zi Xia la prima volta che mi ha mostrato i suoi quadri.

 

Dalla formazione accademica, tra Shengyang e Roma, Liu ha tratto la possibilità di far interagire tradizioni diverse, tra occidente e oriente, tra un realismo e una plasticità che sfiorano il surreale e una sottigliezza che evoca il raffinato grafismo cromatico della pittura cinese. Il procedimento tipicamente occidentale della pittura a olio è stato il vettore della scoperta di una dimensione creativa, la fascinazione di un modo di trasformare la materia – pigmenti e leganti – in immagine, al di fuori da modelli citazionisti e da esibizioni virtuosistiche.

 

Scegliendo infine come soggetto privilegiato le mani, frammento e metafora dell’attività di un fare e un sentire profondamente collegati al pensare, al vedere, all’inventare, e quindi in grado di mettere in atto idee, sensazioni, riferimenti.  Perché, come ha scritto Henri Focillon in Eloge de la main (1934), “L’arte si fa con le mani, strumento della creazione, ma prima ancora organo della conoscenza”.

 

Elogio della mano (In Praise of Hands)

A subtle estrangement pervades Liu Zi Xia’s paintings, which are hard to define and categorise, except for the impression we get by looking at them that nothing is more conceptual than painting itself.

Hands predominantly intertwined in the same posture, resting or contemplatively burdened with waiting; so clearly and significantly defined with the wilful intention of evoking the pictorial traditions of the past centuries, it is clear from these hands, painted in oils, a strong fascination with “la bella maniera”. Being so uncommon in contemporary art, it acquires a provocative stance, an alternative research with respect to the tradition of the new.

Hands communicate in an unspoken language, dense with symbols and messages connected to the laws of an iconography which has long been codified. Liu presents instead hands whose gestures are not associated with the mechanisms of narrative and symbolism; these are feminine hands without those characteristics that typically suggest a precise social standing or some identity referring to tales, myths, emotions, rituals and legends, they simply emerge from a disembodied background. These hands are not just an element of the portrayal but the portrayal itself, rather a self-portrait: existence, traces and memories from different experiences. “These are my hands” is what Liu Zi Xia told me the first time she showed me her paintings.

Liu Zi Xia’s academic education, which took place between Shengyang and Rome, has given her the opportunity to make different traditions, from the East and from the West, interact, both a specific kind of realism and a plasticity which allude to the surreal and a subtlety evoking the sophisticated chromatic linearism of Chinese painting. The typically western process of oil painting has let her discover a new creative dimension, a way of turning matter – pigments and binders – into images, far from models of quotationism and exhibitions of virtuosity.

Hands are thus Liu Zi Xia’s privileged subject, the fragment and the metaphor of an artistic action which is profoundly connected to thinking, seeing, creating, and therefore capable of enacting ideas, emotions and references. Because, as Henri Focillon wrote in Eloge de la main (“In Praise of Hands”, 1934), “Art is made with hands. They are the instrument of creation, but before that, the organ of knowledge”.