apr 022021
 

 

Apertura 12 Aprile 2021

dal 12 aprile al 30 aprile 2021

 

Simulacri, figure che simulano la condizione dell’uomo, l’anima e le ombre che lo abitano. Sono i protagonisti del lavoro di Andrea Liberni, corpicini forgiati in maniera incompleta, fragili come la porcellana di cui sono fatti, inadeguati eroi alla ricerca di un’identità. Inconclusi e soggetti a limiti, come gli homunculus creati dagli alchimisti, si trovano in un libro d’artista in cui Liberni sovrappone la loro immagine sofferente alle pagine di un trattato di Anatomia Patologica. Mancanti di una parte di sé, questi corpi costituiscono l’opposto dell’uomo vitruviano, per via della loro aspirazione irrazionale a riguadagnare la perfezione del paradiso terrestre.

Lo sviluppo e la conformazione delle porcellane bianche procedono attraverso il disegno e quindi, nel momento in cui l’artista dà loro forma, la fragilità dei simulacri viene sottoposta alla prova delle installazioni, di volta in volta appositamente concepite. Quella del limite è una circostanza ricorrente – limite della forma umana, dello spazio vitale, del contenitore o del confine – che a livello fisico e psicologico attiva un insidioso doppio gioco fra il sentimento di protezione e quello di impedimento; un insanabile dualismo tra il conforto del limite e la volontà di evadere, tra il sentirsi costretti e il voler andare oltre. Come in un esperimento, gli omini mettono in atto una verifica, cercano di forzare e al contempo resistere al limite, intraprendono strategie di sopravvivenza.

In Eden, gli omuncoli sono collocati in recipienti di materiali di risulta, insieme alle macerie. Pur non essendo della stessa sostanza informe, danno l’impressione di spartire il medesimo destino dei calcinacci. Questi, apparentemente inerti, riproducono una sorta di demolizione in cui il dramma si rivela nello smarrimento dei piccoli corpi. E c’è – letteralmente – un fil-rouge che filtra la percezione tra il disagio dei simulacri nei contenitori e il muro di fondo della galleria, dove appare in video un cielo blu, l’Eden appunto, un paesaggio rassicurante ma lontano, infinito e indefinito. Il filo rosso viene teso tra i recipienti, a disegnare la forma della quadratura del cerchio, il simbolo esoterico che è divenuto sinonimo di impresa impossibile, ma potrebbe anche rappresentare la carnalità, l’irrazionalità, l’inadeguatezza cui l’umanità è stata obbligata dopo la cacciata. Costrizione e sofferenza si sovrappongono al piano del piacere agognato e alla consapevolezza della propria natura. Riconoscendo la dignità dell’informe, dell’incompiuto ed incompleto, il dispositivo del filtro realizza la sintesi tra forma e contenuto. Accettare l’impossibilità di reagire infatti, secondo l’artista, può essere utile per “creare il desiderio e superarlo per sé stessi”.

 Diletta Borromeo

 

Andrea Liberni

Nato a Padova, laureato all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, vive e lavora a Milano. Nella sua ricerca artistica sul tema dell’identità umana, si muove in maniera trasversale in diversi campi, interessandosi principalmente di scultura, pittura e videoarte. Con l’installazione “Guide to Man(i)kind”, presentata nella mostra “Therapy of Living”, nel 2016 ha partecipato alla XVI Biennale di Architettura di  Venezia.

 

2019 “Corpora”, a cura di Angela Madesani, Il Pomo da DaMo, Contemporary Art Gallery, Imola (BO)

2018 “Spatium”, a cura di Angela Madesani, “Le stanze del contemporaneo”, Castello di Pagazzano (BG)

2018 “…inermi…”, a cura di di Anna Cochetti, Storie Contemporanee, Roma

2017 “memor(i)ae”, Civico Museo Archeologico, Bergamo

2016 “Step Milano Scultura”, Fabbrica del Vapore, Milano

2016 “Arkhipélagos”, Palazzo Comunale, La Maddalena (OT)

2016 “Venezia-Dakar”, Laboratorio VI.P., Milano

2016 “Therapy of Living”, Biennale di Architettura di Venezia

2015 “Step Milano Scultura”, Fabbrica del Vapore, Milano

2014 “Doppio d’ombra”, Laboratorio VI.P., Milano

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AOCF58 – Galleria BRUNO LISI garantisce l’osservazione delle norme igienico-sanitarie, in seguito all’emergenza pandemica da Covid-19. È obbligatorio l’uso dei dispositivi di protezione individuale, l’igienizzazione delle mani, il mantenimento della distanza di sicurezza. Gli ingressi sono contingentati e la mostra è accessibile solo tramite prenotazione. Si prega di inviare una e-mail all’indirizzo aocf58@virgilio.it.

 

  • l’accesso alla Galleria è consentito solo con mascherina che copra completamente il viso e la bocca per tutta la durata della visita;
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feb 082021
 

Inaugurazione    22 febbraio  2021 ore 17.00

dal 22 febbraio al 19 marzo 2021

Gli scatti documentano le lotte del Movimento per il Diritto all’Abitare, condotte a Roma tra il 2009 e il 2019, raccolte nell’omonimo volume edito da Red Starr Press (2019).

La vocazione sociale della fotografia è da sempre al centro della poetica di Tano D’Amico che, sin dagli anni Sessanta, documenta manifestazioni di piazza e avvenimenti storici cruciali dell’Italia del Dopoguerra (e non solo), come il Movimento del 1977 o gli scontri del G8 a Genova. Le sue immagini sono diventate icone contemporanee sulla violenza e sul potere, testimonianze visive di resistenza, fatti di cronaca e movimenti (contro)culturali.

Lo sguardo di Tano D’Amico non è diretto al fatto in sé, ma si concentra sul soggetto, sulla componente umana, facendone emergere un ritratto emozionale preciso e situato. Con un occhio vigile sui cambiamenti della società, rivolge il proprio obiettivo alle frange “invisibili”, realizzando reportages su carceri, manicomi, sulla comunità rom.

La Guerra ai poveri è il volto più attuale della violenza perpetrata dal sistema socio-economico in cui viviamo, al quale Tano D’Amico intende dare immagine al fianco dei manifestanti, degli occupanti, degli emarginati.

«[…] Mentre viene fatta, un’immagine può fondersi con la realtà e cambiarne il percorso? Anche per poco, intendo, anche solo negli attimi in cui l’immagine trova la sua forma, negli attimi in cui occhio e obiettivo sono puntati sulla realtà. Può l’immagine mischiarsi con la vita? Non dopo, ma mentre la si fa, istante per istante? Un attimo di immagine per ogni attimo di vita. Può l’immagine aggiungere qualcosa alla vita? Può aiutarla? Può opporsi alla morte? L’immagine può amare così tanto la vita da cambiarne il destino?».

(cit. Tano D’Amico in Fotografia e destino. Appunti sull’immagine, p.7).

Tano D’Amico (Lipari, 1942) è un giornalista e fotoreporter che ha collaborato con testate come Il Manifesto e La Repubblica. Tra i numerosi volumi di cui è autore: Il Piombo e le Rose. Utopia e creatività nel Movimento del 1977 (Postcart, Roma 2017) con Pablo Echaurren; Fotografia e destino. Appunti sull’immagine (Mimesis, Sesto San Giovanni 2020)

Tano a s. Arsenio – 1989 (foto di Patrizia Nicolosi)

 

 

AOCF58 – Galleria BRUNO LISI garantisce l’osservazione delle norme igienico-sanitarie, in seguito all’emergenza pandemica da Covid-19.

È obbligatorio l’uso dei dispositivi di protezione individuale, l’igienizzazione delle mani, il mantenimento della distanza di sicurezza.

Gli ingressi sono contingentati e la mostra è accessibile solo tramite prenotazione. Si prega di inviare una e-mail all’indirizzo aocf58@virgilio.it.