ott 192017
 

6 / 17 novembre 2017

A  cura di:  Grau.2

ANNA DI NOTO – FRANCESCO MONTUORI: LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA SCENA PROSPETTICA NEL TEATRO ALL’ANTICA DI SABBIONETA

Il progetto che presentiamo, realizzato ed inaugurato il 9 novembre 1996, non è il restauro del famoso Teatro all’Antica di Sabbioneta, bensì la restituzione del suo spazio interno che Vespasiano Gonzaga volle come immagine simbolica della città che aveva voluto trasformare “ad imitazione di Roma” a partire dal 1554 fino al 1591, anno della sua morte.

Nell’ambiguo inganno dello spazio interno del Teatro, un rettangolo costituito da due quadrati, venne rappresentata dunque una città: sui lati corti dello spazio l’immagine pittorica dei Palazzi del potere e del Palazzo Giardino, dove il duca amava riposare; lungo lo spazio principale  la Loggia per ospitare la corte e sullo spazio scenico la Scena prospettica con le case dei personaggi privati, cittadini, avvocati, mercanti, che si affacciano su una gran piazza e una nobile strada.

La Scena fissa andò presto perduta, distrutta da un alluvione o piuttosto demolita perché  ostacolo alla moderna scenografia. Ne conseguì una mutilazione dello spazio teatrale.

La nuova Scena prospettica, nell’impossibilità di replicare la scena originaria, fu concepita ex novo,  con il fine di rendere nuovamente comprensibile lo spazio interno del teatro scamozziano. Coerentemente, con moderni materiali, rappresenta sulla scena la stessa città di Sabbioneta come oggi conosciamo: i  palazzi ducali, gli edifici significativi, i portici, il teatro stesso.

 

 

lug 202017
 

 

Sabato 14 Ottobre 2017 ore 18.00

A  cura di:  Grau.2

Evento organizzato in occasione della  Tredicesima edizione della Giornata del Contemporaneo AMACI

ARCHITETTURA E IMMAGINE

Franco Pierluisi, 1983

 

Architettura e immagine

Mi sono posto, fin dall’inizio della mia carriera di architetto, il problema di un’architettura che non fosse solo produzione di oggetti e presentazioni di funzioni, ma anche «rappresentazione del mondo», «immagine». Che fosse, in altri termini, comunicazione anche diretta di un immaginario espresso in genere in architettura solo indirettamente, e non in tutte le epoche della sua storia.
Tale problema interviene assai presto nell’evoluzione del GRAU: si precisano fin dal 1964 le istanze di comunicazione di un immaginario geometrico, umano, simbolico, nell’architettura.
Ciò equivale a darsi il grande compito del ritorno al Linguaggio.
Quel che con pochi altri iniziammo allora è oggi conclamato da un grande coro: sta rivoluzionando l’architettura.
Proprio l’architettura del Movimento moderno, sgombrando il campo dalla retorica pompier del XIX secolo, ha permesso a immagine immaginario e stile, con tutta la loro storia di simboli, di tornare oggi negli edifici, di illuminare nuovamente l’architettura dall’arcaico, misterioso sorriso.
I contenuti di questo immaginario ritrovato sono infatti riaffioranti dall’intera storia del grande libro di pietra, che viene di continuo riletto, riscritto, fin dalle inconoscibili origini, alla struggente ricerca di queste: il mezzo di tale espressione è il Disegno.

 

Architettura e disegno

Il disegno d’Architettura non è più e non è più soltanto«Disegno tecnico»; è anzi ormai ben distinto da questo, ha
proprie qualità espressive e tecniche, costituisce la più diretta epifania del pensiero architettonico; potremmo dimostrare che è indistinguibile, tutt’uno col progetto; i metodi della progettazione sono i suoi stessi metodi: non Disegno e Architettura,ma Disegno come Architettura.
Manca ancora una ricostruzione globale della Teoria,della Didattica, della Comunicazione dell’Architettura a partire dal disegno. Tale compito è assolutamente urgente,pena la definitiva distruzione del nostro ambiente e la scomparsa della nostra civiltà urbana, di ogni forma della nostra opera di specie.
Il Disegno d’Architettura è infatti un Ridisegno, miglioramento del Mondo: è l’unica nostra capacità di paragonarsi all’opera della Natura, di istituire un rapporto dialettico con i suoi cieli.
E va ancora acquisita l’idea di un’Architettura come«strato», riscrittura incessante, rivelazione, nel tempo, deldestino spaziale della Civiltà; quasi del suo nascosto Disegno.

Architettura e incisione

 L’incisione, l’antico magistere della lastra e delle morsure,del riprodurre e diffondere l’immagine spaziale, le luci e le ombre vibranti di segno, gli spaccati e le figurette viventi in quegli spazi, mi hanno sempre affascinato. Fin dal Rinascimento,prolungamento naturale dell’attività dell’architetto è stata l’incisione, mezzo di diffusione e veicolo di segni:faccio incisioni molto diverse da quelle, e non solo perché quelle sono inimitabili: 150 anni di storia dell’Arte non sono trascorsi invano. Ma, come allora, la magia di ricavare spazi con un procedimento simile alla costruzione e alla scultura,far agire in essi figure grandi, piccole, possedute dai loro gesti, fermate nei loro supplizi: mescolare spazi, tempi diversi,proiettare millenni su quell’unico, umido foglio; tutto ciò mi sembra ancora necessario, risponde quasi ad una esigenza morale: non fu così infatti anche per Piranesi, che inascoltato in patria, viveva sulla lastra, «gettando una luce nel Passato», la sua Rivoluzione? Il dramma del suo tempo?.

Etching, the ancient craft of engraving plates, of reproducing and disseminating the spatial image, the vibrating lights and shades of sign, the cross sections and the little figures living in those spaces, has always fascinated me. Since Renaissance, etching has been the natural extension of the architect’s activity, a means of dissemination and a vehicle of signs. My etchings are very different from those, and not only because those are unique: 150 years of art history have not passed in vain. As then, however, the magic of carving out spaces by a process which is similar to construction and sculpture, of having big, small figures, possessed by their gestures, frozen in their agonies, act within those spaces: mixing different spaces and times, projecting millenniums onto that sole, moist sheet; all that seems to me still necessary, it almost responds to a moral imperative: wasn’t it the same for Piranesi who, ignored in his own country, lived on the plate, “throwing light up on the Past”, his own Revolution? The tragedy of his time?

 

 

Visione di Roma

Non una virgola né una parola sono state cancellate o aggiunte nelle trascrizioni degli scritti e disegni su Roma di Franco Pierluisi presentati nel libro Visione di Roma. Sono datati 1983, 1984 fino al 1987. Un ultimo, riassuntivo e più ampio, è del 1991. Scritti e disegni, in parte pubblicati, sono il rendiconto di percorsi e indagini del suolo e dei suoi strati, del costruito e del non costruito, del distrutto, dell’improvvisa immissione della campagna nella città, del ricordo degli spazi adibiti a giardini dentro e fuori le mura.

Nell’entroterra vi sono molti suoi progetti realizzati, più utili alla vita e ben costruiti. Il percorso per giungere alla struttura della forma in architettura inizia fin dai primi anni di formazione dello studio GRAU. Qui parte e può comprendersi quell’ansia di conoscere e «rilevare», nel senso di eseguire rilievi, rilievi da agrimensore, per costruire ipotesi di interventi sul territorio. Rilievi dettagliati

a tutto campo per progettare, restaurare, comporre senza vincoli se non quelli delle leggi dell’architettura.

Le proposte di Visione sono di riscrittura e adeguamento, di riferimenti a tracce di antichi percorsi e progetti. Segni e forme attuali, nel rispetto della radialità dell’impianto originario della città di Roma.

Franco Pierluisi (1936-1992) cofondatore dello studio GRAU ha svolto la sua attività professionale e di ricerca nel campo architettonico congiuntamente all’attività didattica presso l’Università La Sapienza di Roma, la Facoltà di Reggio Calabria e visiting professor presso l’Ecole Special d’Architecture a Parigi. Dal 1983, in relazione ad incarichi professionali di ricerca sul Territorio e la Città di Roma da parte dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e dell’Ufficio speciale Tevere e litorale, F.P. disegna in grande scala progetti per la zona centrale della città, per il riuso e la ristrutturazione delle rive del Tevere in corrispondenza dell’isola Tiberina, nonché una riorganizzazione – in quel punto cruciale – dell’intero sistema della circolazione e dei ponti. Progetti pubblicati nel n.1-2 della rivista d’architettura Metamorfosi (1985) e nel n.1 della rivista Vaisseau de pierres dedicato a Roma. Gli stessi progetti, nel 1987, sono stati esposti a Francoforte, nel Deutsches Architekturmuseum. L’esposizione diverrà itinerante in Europa e negli Usa.

Dal 2012 le sue architetture e i disegni, datati dal 1965 al 1985, sono entrati in collezione al Centre Pompidou-Beaubourg di Parigi e qui esposti, nel luglio dello stesso anno, nella mostra dedicata al dibattito culturale italiano e internazionale del periodo.